LISA MARA BATACCHI

15 Dicembre 2012 / 12 Gennaio 2013



http://www.lisabatacchi.com/

http://www.artribune.com/2013/01/lisa-batacchi-e-il-cerchio-perfetto/



A DAY WILL COME IN WHICH WE WILL ALL BE POETS

Presso lo spazio Lato l’artista Lisa Batacchi inaugura una mostra personale dal titolo A DAY WILL COME IN WHICH WE WILL ALL BE POETS che ci da una prima chiave di lettura profetica ed intimista al lavoro complessivo. Nella sua ricerca, una certa dose di ironia destrutturante il pensiero antropocentrico di origine occidentale pone l’individuo come piccola parte del tutto; una volontà di riscoprire la realtà la porta a dare attenzione all’ascolto del mondo circostante nelle sue più piccole sfumature, alla “sincronicità”, “casualità” della vita e ad i cicli naturali. Il fil rouge che lega insieme i vari lavori è il suo interrogarsi sul ruolo dell’artista e sull’autorialità dell’opera d’arte. Ponendosi in relazione ai soggetti trattati sia in maniera autonoma sia coinvolgendo persone a lei vicine, Lisa Batacchi apre così il processo della creazione artistica alla vita stessa. Per un attimo perde il controllo e si affida al caso e il fare artistico diventa un prodotto della sua connessione con l’alterità che a sua volta si unisce come parte essenziale della creazione. Un suo lavoro piu’ recente, in quanto impegnata nella direzione artistica di uno spazio (SomethingLikeThis), esplora il dialogo e l’interazione con altri artisti. Come da sue parole - L’opera d’arte è stata da me sentita, a un certo punto, come una possibilità d’incontro, come un invito a partecipare rivolto agli artisti con l’intento di ripensare insieme al concetto di “comunità” e di condivisione di intenti-. Lisa Batacchi, mettendo in primo piano le relazioni, tende ad espandere il concetto di opera e a portare la sua posizione più vicina a quella di “mediatrice” in grado di trasformare un semplice processo di realizzazione in un prodotto corale.
I lavori in mostra passano da video, installazioni, disegni, fotografia, mixed media. Fra questi ci sono sia i progetti realizzati a “quattro mani” con persone a lei più vicine come S/S-A/W… and spring (the intermidion lines) in cui l’artista, in seguito ad un anno di affiancamento a suo padre, un designer di scarpe da donna, ha colto ed estratto alcune analogie fra le “Intermidion Lines” che si riferiscono al pronto moda per cui le stagioni effettive  di uscita vendita sono otto piuttosto che quattro e i cicli stagionali della filosofia cinese antica. Seduta all’interno di una stanza, a disegnare con i colori in voga per l’anno avvenire, l’artista avverte lo scorrere del tempo e percepisce le tracce dei segni dei pantoni che rimanevano del disegno delle scarpe sul foglio sottostante come paesaggi astratti delle interstagioni legate ai vari “movimenti”: la primavera all’elemento Legno, l’estate all’elemento Fuoco, l’autunno all’elemento Metallo, l’inverno all’elemento Acqua e le quattro interstagioni all’elemento Terra. Altra opera, Till the end of the world realizzata in questo caso con sua madre, chiedendole di ripetere più volte lo stesso dolce e di conservare le carte da forno. Cinque di queste poste una di seguito all’altra daranno l’idea di varie fasi di un’eclisse. Un’azione quindi che mette un’altra persona in una condizione creativa offrendo così un incontro fra uomo/mondo ed una condivisione di un sentire al di là delle ordinarie attribuzioni alle cose. Altri lavori presenti in mostra sono stati creati entrando in relazione con il mondo circostante indagando da vicino sia l’uomo che alcuni elementi in natura. Nel primo caso, in Isabella color la ricerca è partita dalla scoperta che con il tempo ogni persona lascia un colore specifico sulla propria federa. Il passo successivo è stato di creare una mazzetta colori fatta con le federe donate dalle persone che mettesse in evidenza l’infinita scala cromatica del cosiddetto “color isabella”(colore variamente definito come grigio chiaro-giallo, pallido fulvo, crema chiaro-marrone o pergamena); nel secondo caso di A place where illusion keeps safe a reality, l’artista unisce due elementi trovati in momenti diversi: una scala e un nodo. Questi pur avendo la stessa origine sembrano di conferirsi le specificità perse o ancoro mai avute. Il nodo restituisce alla scala l’elemento di organicità perduto mentre la scala offre al nodo l’elemento strutturale mancante, formando così un corpo unico, vivo, razionale e mistico allo stesso tempo. Invece altre opere, come Il Cammino di Lisa e Il bastone del profeta, lasciano l’incognita allo spettatore su chi sia il vero artefice e alludono quasi alla possibilità di materializzazione di un’opera spontaneamente dall’unione tra la sensibilità di un artista, altre persone e la natura, senza un piano premeditato.

Spela Zidar