MARCO BINI

05 / 26 Marzo 2011



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VOLUME. Il cielo è un ditale per cucire

Volume. Un termine che ritroviamo spesso in arte e che forse può sembrare di semplice routine. Ma se entriamo in contatto con le opere di Marco Bini, ci renderemo conto che dietro questa parola ci sta molto più che una definizione. Silenti personaggi e figurazioni astrali navigano come asceti in una dimensione parallela, creata ad hoc per investigare nei segreti della creazione. L’orizzonte della percezione si allarga nel teatro spirituale di Mizar e lo spazio espositivo si fa tempio del religioso concepire dell’artista. Non ci sono accademie o movimenti artistici a cui rendere conto, la genesi della sua opera si fonda su una scuola molto più antica: la Natura. Quasi come un suo servitore questi si abbandona nelle mani della “madre”, lasciandosi guidare nel riconoscimento finale dell’opera. L’assemblaggio di pietre, tronchi, ossa animali, muta l’iniziale visione razionale degli oggetti, trasformandola in creazione. E’ il cammino che da forza al processo creativo: un cammino per boschi, valli e monti, dove le pietre si rivelano con le proprie sfaccettature all’artista, sussurrandogli la loro evoluzione. Un cammino che diviene mistico e che sancisce la definitiva coesione tra uomo e opera d’arte. Elegante lavoratore del legno, Marco abbraccia le sue muse taciturne con idee dalle radici ben salde, dando vita ad esemplari che calamitano l’attenzione dell’osservatore. Asal e Cintura di Orione rappresentano il perfetto equilibrio tra mondo e universo, dove i materiali forniti dalla Terra non impediscono alle opere di farsi specchio di qualcosa di molto più lontano e intangibile. Eppure «il cielo, il cielo è un ditale per cucire» (Paul Eluard), punto di origine e infinito, luogo dove si cela il credo di Mizar. Un volume non codificabile e non inscrivibile abbraccia e modella le opere, una genesi poetica che trae radici dalla silenziosa osservazione delle immensità. Il Concepimento e La morte si inseriscono così in questo percorso spirituale, incontrando i guardiani dell’anima dello scultore (l’angelo Mal’akh e il Guerriero) e ponendo Cefa (Pietro) come custode principe del mistero: realizzata con blocchi distinti di roccia, a figurare con la pietra non solo il nome, ma anche la fermezza di colui che acquisì il privilegio di monitorare le porte del Paradiso. La riflessione si fa massima davanti a Cristo, qua presentato in tre vesti diverse. Una tripla crocifissione dove l’unico sacrificato è Cristo stesso, punto nodale della lettura tematica introspettiva che ha generato le opere dell’artista. Spiritualità, Natura, Ascolto, sono le porte che Marco Bini ha aperto per rivelarsi.

Francesco Traversi